La sacerdotessa e lo stregone

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  1. L a l e;
     
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    Ascoltai le sue parole. Di certo il ragionamento non faceva una grinza e io mi sarei dovuta spiegare meglio. Lasciai improvvisamente i pantaloncini al loro destino sul bordo del fiume, buttandoli con sufficienza come se mi fossi stancata di loro. Inclinai la testa di lato e ci pensai per un istante. Dopo di che feci leva sulle ginocchia e, gattonando, mi avvicinai all'elfo, che si era seduto sul terreno, non lontano da me. I nostri visi rimasero a così poca distanza che le nostre labbra si sarebbero potute sfiorare in qualunque momento. Assunsi l'espressione più ammaliante che conoscevo e mi apprestai a dargli il mio parere.

    - Vedi, Landwin -, dissi con voce bassa e nel modo più suadente possibile, - un ragazzo nobile d'animo... secondo me... è un ragazzo che abbia dei valori, che sia onesto e coraggioso, giusto, compassionevole, gentile, onorevole... Leale -.

    Calcai il tono sull'ultimo aggettivo e gli poggiai l'indice destro in mezzo alla fronte. Quindi spinsi leggermente in avanti. Mi misi a sedere e i nostri visi si allontanarono. Continuai comunque a guardarlo negli occhi verde brillante.

    - Forse pretendo troppo dal genere maschile, ma di certo non è nobile d'animo uno che cerca di portare nel dormitorio di una locanda la prima elfa che incontra per strada... o in mezzo a un bosco -, aggiunsi, sprezzante.

    Distolsi per un'attimo lo sguardo per dirigerlo sull'aquila albina che ormai terminava il proprio pasto, ma, dopo solo qualche frazione di secondo, lo riportai sul suo padrone.
     
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