La sacerdotessa e lo stregone

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  1. L a l e;
     
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    Mentre attraversavamo la fitta boscaglia i rami più puntuti dei cespugli mi ferivano le gambe. Tuttavia, grazie alla mia naturale abilità di guarigione, i piccoli graffi e i tagli superficiali si curavano all'istante. Appena udimmo dei rumori, ormai in prossimità della tana dei cinghiali che stavamo cercando, Landwin mi fece segno di aspettare. Da ciò che sussurrava, ci avrebbe pensato lui.

    "Come se avessi bisogno del suo aiuto...", pensai sprezzante.

    Lo osservai allontanarsi e poi mi nascosi dietro ad un albero, sporgendomi da un lato per spiare i suoi movimenti. La femmina di cinghiale stava per aggredirlo, ma l'elfo agitò le mani e il sangue iniziò a fluire dal muso dell'animale. Questo si lanciò alla ceca contro il ragazzo, che, però, si spostò da quel punto in volo. Era un mago dunque. Forse avrei potuto sfruttarlo a mio vantaggio dopo tutto. Dovevo solo farmelo "amico". Di certo, da ciò che potevo intuire, sapevo di interessargli.
    Mi avvicinai scavalcando un arbusto.

    - Nessuna delle tue magie ti permette di spostare gli oggetti o qualcosa di simile? -.

    Nel frattempo mi guardai intorno. Avevo visto delle piante di rosmarino che avrebbero fatto al caso nostro per cucinare il cinghiale sul fuoco. Ne staccai alcuni rametti e li misi nella sacca. Poi udii un rumore che mi fece sorgere un dubbio.

    - Un momento. Se abbiamo ucciso la madre, non moriranno anche tutti i piccoli? -.

    Notai come mi ero automaticamente inclusa nell'atto di uccisione dell'animale. Era stata una reazione inconsapevole.
     
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