La sacerdotessa e lo stregone

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  1. Aldrein
     
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    Il mio bel discorsetto sembrò esser poco accettato dall ragazza, che cercò di far finta di nulla. Il mondo funzionava così. O lo accettava e sopravviveva, magari cavalcando le regole e spiccando sulla massa, o sarebbe stata sopraffatta. Era solo una sua scelta. Sarebbe stata in grado di capirlo?
    Mi chiese se fossi riuscito a portarla fuori con l'aiuto di Nieve. Impossibile. Non mi avrebbe mai aiutato. E poi non potevo certo renderla gigante in uno spazio così ristretto. Guardai la ragazza e povai a spostare l'animale con un piede. Molto pesante.

    -Questo cinghiale molto probabilmente supera il quintale. Non sono abbastanza forte, e di certo l'aiuto di un'aquila non fa tanta differenza.-

    Al massimo l'avremmo portata fuori a pezzi. Non era un gran problema. Guardai la ragazza.

    -Non è che te disponi di qualche mezzo che possa esserci utile?-
     
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  2. L a l e;
     
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    Sospirai e capii che non avrei potuto nascondere oltre le mie abilità magiche. Tesi il braccio destro in avanti, con l'indice teso, in direzione di un mucchio di sassi e rocce. Questi, soli, iniziarono a fluttuare e poi a cozzare l'uno contro l'altro, per poi aggregarsi. Le pietre presero la forma di due grossi leoni di pietra i cui occhi, infine, brillarono di un'inquietante luminescenza blu. Erano dei leoni parecchio grandi, lunghi quasi tre metri.
    Mentre il secondo leone si dirigeva verso di me per farsi accarezzare come un docile gattino, il primo si stava già dirigendo minaccioso verso Landwin. Esso gli ruggì.

    - Akim! -, chiamai il leone. Esso si volto e si diresse verso di me con un'andatura elegante. Io mi chinai per mettermi alla sua altezza. - Non devi essere sempre così protettivo! -. Accarezzai le criniere di pietra di entrambi i leoni. - Iro, prendi tu il cinghiale -, mormorai, diretta all'altro felino.

    Mi alzai e presi a camminare dopo aver fatto segno a Landwin di seguirmi. La leonessa chiamata Iro prese il cinghiale in bocca e lo inghiottì. Poi, insieme al suo fratello di pietra Akim, si mise a seguirmi molto da vicino. Ogni tanto uno dei due guardava l'elfo con disprezzo o gli ruggiva debolmente. I due leoni erano i miei devoti animaletti. Avrebbero fatto qualunque cosa avessi ordinato loro.
    Giungemmo ad una radura, aperta da un grosso albero caduto parecchio tempo prima. Il posto ideale per accamparsi per la notte. Presto sarebbe infatti calato il sole e dovevamo sbrigarci ad accendere un fuoco, se non volevamo rimanere al buio. Iro vomitò il cinghiale senza averlo mai realmente digerito: la scrofa riemerse dalle fauci dell'animale intera e intatta come prima del trasporto.

    - Ci pensi tu a raccogliere la legna e ad accendere il fuoco? -, chiesi, questa volta diretta a Landwin.

    Mi sedetti sul tronco dell'albero caduto al centro della radura e accavallai le gambe. I due leoni vennero subito da me per farsi coccolare affettuosamente.
     
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  3. Aldrein
     
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    Un gesto e da un misero mucchietto di pietre prese forma una coppia di grossi leoni. Molto grossi. Li osservai attentamente. Un incantesimo interessante. Erano interamente composti di pietra, e i dettagli erano perfetti. Dalla maestosa criniera, ai baffi incisi sul muso, ai denti e gli artigli che si sarebbero certamente rivelati armi letali. Gli ultimi ad accendersi furono gli occhi, blu, luminosi. Fui affascinato da un'opera talmente perfetta. Il primo si mosse verso Nedylin, l'altro rimase fermo a fissarmi. Ruggì. Sorrisi. La ragazza si rivolse agli animali. Era forse un gioco per intimorirmi? Attesi che finisse di impartire i suoi ordini agli animali, quindi mi incamminai al suo fianco.

    -Complimenti, un lavoro eccezionale. Sono modellati alla perfezione.-

    Mi congratulai. avevo in mente un altro paio di complimenti, ma vista la reazione precedente forse era meglio non esagerare. Arrivammo in una piccola radura creata dalla caduta di un albero. La ragazza si sedette sul tronco e mi chiese se potevo accendere io il fuoco.

    -Certamente. Te intanto che ne dici di iniziare a spellare quell'animale?-

    Mi avvicinai alla cima del tronco su cui si era seduta la ragazza, sfilai la lama della mia naginata dal fodero, e, con qualche colpo secco, tagliai alcuni pezzi dei rami più grossi. Li portai al centro della radura e mi guardai intorno.

    -Quando i tuoi leoni scompariranno avrei bisogno delle loro pietre per evitare di dar fuoco all'intera foresta.-
     
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  4. L a l e;
     
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    Un altro gesto della mia mano e i leoni si sdraiarono al suolo. I loro occhi si spensero, come se si fossero addormentati, ma le pietre franarono al suolo dopo un paio di secondi, riducendosi nuovamente a un cumulo di sassi senza vita. Avevo gradito il complimento che Landwin mi aveva fatto, ma non lo diedi a vedere. Ancora non sapevo se mi dicesse tutte quelle cose seriamente o, ancora una volta, solo per addolcirmi.
    Presi una pietra, la più appuntita che trovai e iniziai a squartare l'animale. Prima lo aprii in due e gli tolsi il pelame marrone e la spessa pelle. A quel punto dovetti infilare le mani per estrarre le interiora. Una volta pulito l'animale, avremmo dovuto sotterrare bene le viscere per non far accorrere un branco di animali affamati nel corso della notte.
    Il tanfo di sangue mischiato al latte che la scrofa avrebbe dovuto dare ai cuccioli mi investì. L'odore di ferro e sale era fortissimo e mi fece venire la nausea. Mi allontanai strisciando dall'animale, scavalcai il tronco e tentai di respirare profondamente per trattenere un conato. Volevo coprirmi il volto con le mani, ma erano sporche di sangue. Chiusi gli occhi e gemetti. Non volevo che l'elfo mi vedesse.
     
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  5. Aldrein
     
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    Un gesto e i due imponenti felini tornarono pietre e ciottoli. Rinfoderai la mia naginata, presi la legna che avevo tagliato e la portai di fronte a dove si era seduta prima Nedylin, che ne frattempo stava cercando qualcosa tra le pietre. Io presi un ciottolo grande quanto la mia mano e abbastanza piatto e iniziai a scavare per terra. Feci un piccolo spiazzo sterrato vagamente circolare, quando vidi con la coda dell'occhio la ragazza abbandonare il suo lavoro con l'animale. Mi girai ad osservarla e la vidi annaspare oltre il tronco. Rimase lì, ispirò profondamente, e restò immobile. Dalla mia angolazione sembrava fissarsi le mani. Sorrisi. Una debolezza? magari avrei potuto sfruttarla. Mi avvicinai a lei e sentii un odore fin troppo forte uscire dalle interiora dell'animale sventrato. Passai avanti e mi sedetti accanto a Nedylin, le posai una mano sulle spalle e vidi che aveva gli occhi chiusi.

    -Va tutto bene?-

    Chiesi con tono gentile osservandola. Le passai un pollice sulla guancia per toglierle una macchiolina di sangue.
     
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  6. L a l e;
     
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    Iniziai a sfregare freneticamente le mani sull'erba per togliere tutto il sangue che potevo, nonostante fosse già secco in alcuni punti. Aprii gli occhi, che sentivo umidi e che, di certo, erano lucidi. Mi avvicinai di più a Landwin, finché non ci trovammo faccia a faccia. Evitai i suoi occhi color smeraldo e poggiai la fronte e il palmo delle mani sul suo petto. Poi chiusi nuovamente le palpebre e mi concentrai sul ritmo regolare della sua respirazione, cercando di imitarla. Sentivo il calore emanato dal suo corpo. Ero disorientata e non capivo come, nonostante fino a quel momento avessi cercato di evitare ogni contatto fisico, in quel momento sentissi bisogno di appoggiarmi a lui. Se mi si era rivoltato lo stomaco di certo poteva farci poco o nulla.

    - Scusami. E' che quello è... odore di morte -, conclusi.

    Ma per quale motivo mi stavo giustificando con lui? Sospirai e scossi impercettibilmente la testa.
     
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  7. Aldrein
     
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    La ragazza iniziò a strusciare le mani sul terreno in modo quasi nevrotico. Le passò sull'erba fino a che il sangue fu pulito e le macchie ormai incrostate fuono coperte dalla terra e da macchie verdi. Si girò verso di me e notai solo allora gli occhi lucidi. Non ne capii il motivo. Infine Nedylin affondò il volto nel mio petto. Continuai a non capire il comportamento della ragazza, ma certament potevo sfruttarlo. La abbracciai e le accarezzai i capelli ormai quasi asciutti. Poi lei, con un debole sussurro, si scusò. Odore di morte diceva. Continuai ad abbracciarla senza dire nulla e mi voltai a guardare l'animale sventrato. Le sue interiora ora giacevano sull'erba, intente a marcire. L'odore era veramente pesante e si sentiva fin da lì. Era forse questa la prima volta che la fanciulla sventrava un animale? Rimasi ancora un po' a stringerla tra le mie braccia, poi mi staccai da lei e la fissai negli occhi. Erano davvero belli.

    -Che cosa succede?-

    Usai il tono di voce più delicato che potevo. Forse quella sua resistenza iniziale era poco più che un misero scudo fin troppo facile da superare. Quasi mi dispiacque. Forse stavo sperando in una resistenza maggiore. Mi stavo divertendo in fondo.
     
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  8. L a l e;
     
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    In un primo momento Landwin rimase lì, fermo, ad abbracciarmi e accarezzarmi la testa. Continuavo a sentire l'odore della carne cruda e delle interiora dell'animale anche da lì. Cercavo di pensare ad altro per far sparire la nausea, ma non funzionava un gran che bene. Poi Landwin si allontanò sufficientemente per guardarmi negli occhi. I suoi erano davvero degli occhi molto belli, particolari nel loro colore vivido e quasi ipnotizzanti. Rimasi a perdermi nella loro profondità mentre l'elfo mi parlava. Inizialmente il mio cervello non processò le parole che egli stava dicendo. Poi compresi che mi stava chiedendo cosa fosse successo.
    Un po' mi vergognavo di dirgli che avevo avuto una specie di crisi per colpa del cinghiale, era una stupidaggine; fin da piccola avevo iniziato a procurarmi il cibo da sola nella foresta, e avevo dovuto sventrarlo e pulirlo per poterlo arrostire e mangiare.

    - Credo di non aver mai sventrato un animale così grosso -, mormorai. - Mi è venuta la nausea a causa di quell'odore -.

    Mi sfregai gli occhi umidi con il dorso delle mani sporche di terra ed erba e pensai che sicuramente in quel momento davo l'impressione di essere una bambina. Ma probabilmente a confronto di quell'elfo dai capelli dorati lo ero. Dopo tutto io avevo vent'anni, ma lui quanti ne aveva? Gli elfi invecchiavano piuttosto lentamente e le ninfe non invecchiavano affatto. A semplice vista non potevo sapere che età avesse il ragazzo. Poteva anche essere vecchio come il mondo, un mondo creato 127 anni prima dai Sette Dei. Poteva essere uno dei Primi.
    Tornai a pensare all'animale sventrato e mi voltai. Dovevamo sbrigarci a finire il lavoro e a cucinarlo prima che la carne diventasse cattiva, altrimenti saremmo rimasti senza cena, e avremmo anche corso il rischio di attirare qualche belva feroce a causa del sangue e le viscere esposte al sole.

    - Dovremmo... dovremmo finire di aprirlo -, dissi incerta con un cenno del capo verso il cinghiale.

    In realtà in quel momento non mi importava più di saltare la cena. La nausea mi aveva fatto passare la fame. Tuttavia, sapevo che se non avessi mangiato, più tardi il mio stomaco me ne avrebbe fatto pentire. Inoltre stava arrivando la sera e dovevamo ancora accendere il fuoco nel piccolo spiazzo sterrato scavato da Landwin.
    Lo guardai: in quel momento sembrava così docile e premuroso! Nessuna donna sotto il suo incanto avrebbe mai potuto dire che non era tale. Era bello, senza dubbio, ma soltanto un seduttore. E, visto che lo sapevo perfettamente, perché stavo abbassando la guardia? Sapevo che se solo mi fossi distratta per un attimo mi avrebbe utilizzata, e poi sarei rimasta scottata dalla sua partenza. Mi avrebbe abbandonata nuda e indifesa, esposta, per non tornare. Sì, se ne sarebbe andato non appena mi fossi addormentata, e sarebbe sparito senza lasciare traccia.
    Allora perché? Perché se la mia mente in quel momento mi suggeriva tutte quelle cose non riuscivo a smettere di guardarlo o di toccarlo? Rimasi immobile, ma, finalmente, riuscii ad abbassare lo sguardo.
     
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  9. Aldrein
     
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    Guardai la ragazza con un gran sorriso, mi alzai e mi chnai davanti al cinghiale. In effetti l'odore era nauseabondo. Fortuna che non avevo niente nello stomaco da tenere dentro.

    -Lascia che finisca io di pulire il cinghiale, te accendi il fuoco. Poi non vorremo mica sporcare quel tuo bel viso di sangue?-

    Presi un coltellaccio che mi portavo dietro per casi come questo e finii di svuotare le interiora del cinghiale. Perchè stavo facendo ciò? Perchè sprecavo il tempo a corteggiare una ragazza vista per caso da Nieve in una foresta? Il mio sogno non era già abbastanza difficile da richiedere la mia più completa dedizione? Non esigeva forse che non venisse sprecato tempo in altri modi? Non stavo forse, come mi ripeteva sempre la mia aquila, sprecando il mio tempo?
    La risposta era semplice: perchè ero un essere vivente. Fossi stato uno di quei leoni di pietra che la ragazza dai capelli rossi aveva creato prima non avrei avuto alcun sentimento tranne che uno: obbedire agli ordini. Fossi stato un costrutto fatto ad opera darte da un artigiano non avrei avuto che un fine da perseguire e niente mi avrebbe distolto. Ma ero vivo, provavo sentimenti, sensazioni, potevo essere triste o felice, potevo apprezzare, disprezzare, provare indifferenza, divertimento, noia, piacere, dolore. Certo, ero risoluto, ero determinato, avrei spazzato via qualunque cosa si fosse interposta tra me e il mio sogno, ma ero pur sempre un essere vivente. E amavo immergermi nelle varie sensazioni, divertirmi con i giovani della nuova generazione, ridere ai loro stupidi scherzi, architettarne di miei, e non importava se erano stupidi, dalle vedute ristrette o gretti e brutti. E amavo le donne, giacere con loro, provare i piaceri più carnali, sentire il loro corpo caldo accostato al mio. Non era quell'amore che molti esaltano. Non era altro che piacere fisico. E poi, come sempre, me ne sarei andato ad inseguire il mio sogno. Ma in fondo che divinità è quella che rifiuta i sentimenti e i piaceri fisici? Che divinità è colei che non comprende i propri seguaci? Che persona è colei che rifiuta i sacri sentimenti con cui è stata creata? Non ero un rapace che parla e pensa solo grazie a uno strano incantesimo. Ero un elfo, e come tale apprezzavo l'arte e l'eleganza, il piacere e la gioia.
    Mentre ero assorto nei miei pensieri cominciai a scuoiare l'animale. Ci sarebbe voluto un po' di tempo e la luce stava iniziando a calare. Guardai nedylin e chiesi:

    -Hai qualcosa con cui accendere il fuoco?-
     
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  10. L a l e;
     
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    L'elfo non fece una piega alla mia reazione. Anzi, si allontanò con un grande sorriso sulle labbra e continuò a sventrare l'animale dal punto in cui io mi ero interrotta. Non riuscivo a capire: ora che io avevo deciso di lasciare che mi mostrasse le sue armi migliori, che avevo deciso di mostrarmi io stessa indifesa e ferita, lui si allontanava così? Forse stava cercando solo di giocare ancora un po'. Ma allora voleva portarmi a letto oppure no? Mi alzai in piedi poggiando per un attimo una mano sullo stiletto il cui fodero avevo legato alla parte esterna della coscia per paura che cadesse. Poi ricominciai ad osservarlo lavorare.
    Sembrava molto concentrato in quel che stava facendo, o forse era soltanto immerso nei suoi pensieri. Per la prima volta da quando ero fuggita dai festini che si tenevano nel tempio della dea Ashera, desideravo giacere con qualcuno. Quel qualcuno tentava pure di corteggiarmi e sedurmi, ma ogni tanto era troppo concentrato su di sé per cogliere l'occasione giusta. Ancora non sapevo se fosse un bene o un male.
    Distolsi lo sguardo da Landwin e andai a cercare le pietre che precedentemente avevano composto i miei leoni per poggiarle intorno al piccolo spiazzo privo d'erba scavato dal biondo. In quel modo non ci sarebbe stato il rischio di incendiare tutta la vegetazione quando fosse stato acceso il falò. Feci ciò che dovevo fare e raccolsi la legna e a quel punto l'elfo mi chiese se avessi qualcosa con cui accendere il fuoco. Andai a riprendere la mia sacca.

    - Dovrei avere una pietra focaia, qui da qualche parte... -.

    Dopo qualche secondo di ricerche, la trovai. Presi un altro sasso e iniziai a batterli e sfregarli l'uno contro l'altro per produrre scintille. Soffiai sui bastoni e, dopo qualche tentativo, il fuoco inizio a bruciare e scoppiettare. Soddisfatta, osservai come un fumo nero e denso si innalzava verso il cielo. Presi altri tre piccoli tronchi e li usai per costruire una struttura per appendere il cinghiale sul fuoco.

    - Se hai finito di pulirlo possiamo sotterrarne le interiora e cucinarlo -, dissi all'elfo mentre cercavo i rametti di rosmarino che in precedenza avevo messo nella sacca di pelle.
     
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  11. -[Evil]-
     
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    Dicono che le vere punizioni siano quelle terrene, non quelle divine. Che siano i sensi di colpa e gli incubi notturni a punirti per i tuoi mali. Anche il più freddo e consapevole dei criminali non può godere del così detto "sonno dei buoni". Eppure, in quel preciso istante, Ailhad Kirederf dormiva beato come un bambino, disteso in una radura baciata dal sole del tardo pomeriggio. Non un incubo infestava i suoi sonni, non c'era nulla che lo turbasse, era in pace con se stesso. Non aveva mai avuto l'occasione di distinguere fra bene e male, perciò nonostante al suo fianco giacesse un cervo, o almeno quel che ne rimaneva, che aveva subito gli orrori più assoluti solo poche ore prima, il motivo del suo risveglio non fu il riaffiorare del ricordo di ciò che aveva fatto. Semplicemente sapeva che a quell'ora la dea Shiida era molto affamata, aveva bisogno di sangue e carne fresca. Ailhad si voltò a guardare il cervo: non andava bene, ormai la sua carne era impura poiché ne aveva abusato senza rispettare il rituale. Si mise in ginocchio con le mani rivolte al cielo e socchiudendo gli occhi; intorno a lui c'erano solo alberi. Non ricordava come era arrivato in quella foresta e non gli importava, ormai viaggiava in lungo e in largo senza meta con l'unico scopo di assecondare il volere della dea.
    Ora doveva muoversi, prima che facesse buio. Molto probabilmente non sarebbe riuscito a trovare un luogo abitato prima della notte, estrasse il pugnale argentato e squartò il ventre del cervo con un solo, feroce fendente. Fegato ed interiora si riversarono a terra in una piccola cascata di sangue, infilò la mano nella gabbia toracica dell'animale alla ricerca dell'organo più nutriente: il cuore. Non aveva spazio per portarselo dietro, l'avrebbe mangiato subito.
    Dopo qualche pugno di troppo contro i polmoni dell'animale, finalmente raggiunse il cuore, immobile: ormai non pompava più sangue. Poteva afferrarlo saldamente nel palmo della sua mano, così bastò un forte strattone per portarlo via; vene ed arterie schizzarono via lasciando fuoriuscire quel poco sangue residuo che vi rimaneva.
    Ailhad portò il cuore alla bocca e ne strappò via una gran porzione con un morso. Sentì il sangue sgorgargli nella gola ed i tessuti salati solleticargli la lingua. Consumò il suo pasto in silenzio, come un vampiro sulla sua vittima dormiente.
    Una volta sazio non rimaneva altro che una pozza di sangue sul prato, che ben presto sarebbe stato assorbito dal terreno. Terra e sangue, dopotutto quante volte succedeva? Quante volte i predatori consumavano i loro pasti nella foresta lasciando sgorgare tutto quel sangue? Faceva tutto parte di un ciclo che non finiva mai: molta dell'erba li presente assorbiva sostanze nutritive dal sangue, la stessa erba che veniva poi consumata dai malcapitati cervi.
    Ailhad decise che presto quella foresta avrebbe potuto gioire di molto altro sangue, poiché era il momento di pregare per la sua dea. Questa volta ne avrebbe catturato uno grosso, si sarebbe divertito.

    Si inoltrò fra gli alberi, da cui filtravano raggi di un giallo ormai più tendente all'arancio. Non dovette camminare molto prima di avvistare le prime tracce di fauna: a giudicare dalle impronte doveva trattarsi di un cinghiale, un cinghiale molto grande poi. La dea l'avrebbe ricompensato immensamente se fosse riuscito a catturare una bestia di quelle dimensioni, affrettò il passo sperando che il tramonto durasse il più a lungo possibile.
    Mentre si incamminava nel sottobosco pensava a come avrebbe potuto approcciare il cinghiale, nessuno vietava lui di divertirsi un po' prima di tagliargli la gola. Spesso nei rituali nel Regno Sotterraneo i fortunati drow sacrificali si agitavano talmente tanto per l'emozione che il Padre e la Madre mancavano la gola e finivano per tagliarli più volte in svariati punti. E loro urlavano di piacere, quelle urla che gli piacevano tanto e che ormai non udiva più da molto tempo. Decise che avrebbe concesso quel piacere carnale anche al cinghiale, chiedendosi cosa fosse più bello fra il ritrovarsi tutte le zampe spezzate o gli zoccoli cavati.
    Poi, all'improvviso, le impronte terminarono. Nel preciso punto in cui gli zoccoli avevano accidentato per l'ultima volta il terreno c'era una pozza di sangue a terra, ma del cinghiale nessuna traccia. Possibile che non ne fosse rimasto nulla? Nessun predatore era in grado di fare una cosa del genere. Molto probabilmente il cinghiale era sopravvissuto a qualche attacco ed era scappato, ed infatti, anche se con un'angolatura strana dalle precedenti, le impronte continuavano. Per un attimo Ailhad sperò di essere ancora in tempo quando si accorse che quelle non erano orme di cinghiale. Assomigliavano alle impronte di un orso, ma erano leggermente diverse e gli orsi non attaccavano i cinghiali in quel modo. Qualsiasi animale fosse, del cinghiale non aveva lasciato nemmeno una costola. C'era qualcosa che non quadrava in tutta quella storia: dopo aver superato la pozza di sangue, le orme del predatore sembravano molto più profonde, non era semplicemente possibile che avesse uno stomaco così grande, solamente un serpente di dimensioni oscene avrebbe potuto far sparire quell'animale.
    Il sole era ormai tramontato del tutto e la luce abbandonava lentamente ma inesorabilmente quel mondo. Si incamminò a passo svelto seguendo le impronte dello strano animale. Dopo un po' si ritrovò in un'altra radura, dove vi scorreva uno dei tanti fiumi che in quelle regioni si ricongiungevano ai laghi. Improvvisamente, vicino un tronco caduto non troppo lontano, una vampa di luce sembrò riportare il tempo indietro di qualche minuto. A quanto pare qualcuno aveva appena acceso un fuoco, eppure era proprio in quel punto che si dirigevano le impronte. Un mutaforma? Ailhad ne aveva sentito parlare.
    Poi qualcosa turbò di colpo la sua mente e per un attimo riuscì ad ascoltare ogni singolo battito del suo cuore: sangue. Da quel falò proveniva un'inconfondibile odore di sangue e carne fresca. Conosceva fin troppo bene quell'odore ormai, e lo trovava ogni volta irresistibile. Mutaforma o no, qualcuno aveva catturato quel cinghiale, il che voleva dire una sola cosa: cibo, e lui stava morendo di fame. A quanto pare il cuore di cervo non era riuscito a saziarlo come si aspettava, ma presto avrebbe rimediato all'errore.

    Arrivato in prossimità del fuoco, riuscì a distinguere grazie alle fiamme un pallido elfo intento a sventrare un cinghiale. Era da molto tempo che non vedeva un elfo, inizialmente tendeva a scambiarli per drow troppo pallidi, ma sapeva che alla fine non avevano niente in comune con questi ultimi. Vicino il fuoco vi era invece una donna i cui capelli sembravano voler imitare i rossi bagliori del fuoco. Dopo aver osservato per qualche istante i due individui senza nemmeno degnarsi di proferire parola, riportò la sua attenzione sul cinghiale riverso a terra. Senza dire nulla, si avvicinò, infilò il braccio nel ventre dell'animale e ne cacciò fuori la prima cosa che era riuscito ad afferrare: il fegato. Si sedette proprio davanti l'elfo osservano i suoi biondi capelli mentre cominciava ad addentare il fegato crudo. Non disse nulla, semplicemente continuava a gustarsi il fegato fissando con noncuranza l'elfo stavolta dritto negli occhi, con l'intenzione di vedere se riusciva a leggere qualcosa.
     
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  12. Aldrein
     
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    Mi fermai ad osservare la ragazza mentre le prime fiamme iniziavano ad accendersi. Il colore allegro del fuoco che si rifletteva sulla sua pelle candida donandole un colore caldo e invitante, i capelli che se possibile parvero ancor più accesi, fin quasi sul punto di danzare essi stessi insieme alle fiamme. Stava calando il buio e il fuoco stava diventando l'unica fonte di luce in attesa che sorgesse la luna. I colori del bosco stavano sfumando verso i grigi e i neri più impenetrabili, macchiati solo da un faro luminoso su un ramo, visibile solo ai miei occhi. Già, la vista degli elfi che riesce a distinguere la magia dentro i viventi, che con la notte diventava ancora più splendente. Nieve era tornata e si era posata silente su di un ramo ai bordi della radura. Non aveva mai amato volare di notte. La notte è per gufi e civette, non per le aquile, sosteneva. Io invece amavo la notte, il buio si insinuava nel caos del giorno riducendolo al silenzio, i colori si spengevano e tutto diventava più appartato, più intimo e silenzioso. La notte custodiva i suoi segreti, non come il giorno che spingeva tutti a fare a gara a chi faceva più baccano. E la luce della luna rendeva tutto più bello, tingendo il mondo con solo una delicata sfumatura di colore. Rimasi come ipnotizzato a fissare quella ragazza che si stava ingegnando ad accendere le fiamme, alimentarle. Anche lei appariva ancor più bella con la notte, mentre vedevo la magia scorrere nel suo corpo in quantità superiore alla maggior parte delle persone. Mi disse qualcosa a cui non prestai attenzione. Scossi un attimo la testa e tornai al cinghiale che stavo scuoiando. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma un rumore alle mi fece voltare di scatto. Nieve strillò come un rapace qualunque.
    Magro, lunghi capelli d'argento, bocca che colava un liquido nero alla poca luce del fuoco. Sangue. Ormai sapevo riconoscerlo. La magia fluiva anche in lui, ma non era intensa quanto quella nella ragazza. Rimase fermo ad osservarci un attimo, poi, posato lo sguardo sul cinghiale, venne verso di me. Rimasi immobile ad osservarlo. Riconobbi l'elsa di una spada, e altre macchie di sangue che colavano giù dal mento e dalle mani. La pelle era nera come la notte. Un Drow. Discendenti dagli elfi, distorti e manipolati da Shiida. Brutali e violenti, amanti di rituali osceni e ripugnanti, molti di loro vivevano nello schifo più completo, nelle depravazioni più rivoltanti. E mi riferisco esclusivamente al lato estetico. Se c'era un pregio dei drow era quello di non curarsi delle definizioni di bene e male, dei dilemmi morali in cui si arrovellano fin troppi esponenti delle altre razze. L'assenza delle distinzioni tra quelle leggi morali così soggettive era una delle poche cose che i drow avrebbero potuto insegnare agli elfi.
    L'uomo senza degnarsi di una parola si chinò accanto a me. Continuai a non muovere nemmeno un muscolo. Non sapevo che aspettarmi. Non una parola e non un gesto da quell'uomo che si era chinato e ora raspava tra le interiora del cinghiale. Ne tirò fuori il fegato, si sedette di fronte a me e iniziò a mangiare l'organo crudo mentre mi osservava. Dall'ateggiamento mi ricordò un cane randagio che entrava in una casa in cerca di qualche avanzo da mangiare. Un fruscio e Nieve si posò sulla mia spalla per osservare meglio il Drow. Lo guardai negli occhi, freddi e incolori. Anche lo sguardo mi ricordava quello di una bestia selvaggia e priva di educazione. Anzi, forse peggio. Un animale passa dal famelico all'indifferente. Ma quello di quell'uomo era diverso. Non capii bene. Decisi di ignorarlo e tornai a scuoiare il cinghiale commentando in tono aspro:

    -Mi sa che era meglio sotterrarle prima le budella, pare stiano già attirando gli animali selvatici.-

    Edited by Aldrein - 2/9/2011, 12:15
     
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  13. L a l e;
     
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    Sentivo il suo sguardo piantato dritto nella schiena: Landwin mi aveva osservata per tutto il tempo, senza dire una parola. Sorrisi e mi domandai se fosse ipnotizzato dalla danza delle fiamme sul mio corpo; poi scossi la testa leggermente per allontanare quel pensiero. Il fuoco ormai ardeva prepotentemente, consumando la legna e qualunque altro materiale potesse raggiungere. Man mano che il buio si faceva spazio, la luce del falò sembrava farsi più vivida e intensa. Rimasi a guardarlo e per un attimo tutta la radura intorno a me scomparve. Anche la nausea se ne andò, insieme a Landwin e alla sua aquila albina che si era posata su un ramo con un fruscio. Il fuoco era davvero bello... Avvicinai i polpastrelli della mano sinistra finché non sentii il calore tanto intenso da doverla abbassare.
    Una delle sei lune iniziò ad apparire da dietro un albero, colorando con la sua luce lattea parte della radura. A quel punto sentii come l'odore di sangue e viscere diventava più intenso di prima. Mi voltai e strabuzzai gli occhi quando mi resi conto che vicino a Landwin c'era un altro elfo. In un certo modo gli assomigliava: i capelli lunghi, le orecchie a punta, il corpo snello. Tuttavia aveva la pelle molto più scura di quella del mio compagno e anche il suo sguardo era nettamente diverso. I suoi capelli erano del colore della luna appena sorta. Che tipo di creatura era? Non avevo mai incontrato nessuno del genere, ma riuscivo ad intuire che non fosse esattamente un elfo ordinario. Come era possibile che non lo avessi sentito arrivare? Doveva essere davvero silenzioso.
    Mi misi in ginocchio e portai istintivamente la mano destra al fodero del mio stiletto. Ciò che mi colpì di più dell'individuo era che fosse ricoperto di un liquido scuro che possedeva l'inconfondibile odore di ferro e sale del sangue. Perfino in faccia aveva una riga scura sotto gli occhi. Sperai vivamente che quel sangue appartenesse ad un semplice animale che aveva cacciato nella foresta. Lo strano elfo si chinò sul cinghiale esattamente accanto a Landwin e per un secondo ebbi il timore che lo stesse per attaccare. Eppure i due non fecero altro che fissarsi e rimanere immobili, finché il primo non estrasse un organo dal ventre dell'animale e si sedette tranquillamente a mangiarlo... crudo.
    Mi tornò la voglia di vomitare e poggiai la mano sinistra su naso e bocca per non sentire più quell'odore nauseabondo. Doveva avere davvero una fame disperata per compiere un atto del genere senza nemmeno chiedere se potesse accamparsi con noi e dividere l'abbondante cena che ci avrebbe attesi. Mi domandai se sapesse parlare. Mi alzai in piedi e, molto lentamente, mi avvicinai alle spalle di Landwin per osservare più da vicino quel tipo. Non mi curai minimamente del suo commento sugli animali selvatici; mi chinai vicina a lui, senza togliere lo sguardo dall'elfo scuro nemmeno per un secondo. Mi incuriosiva davvero molto, soprattutto in quell'atteggiamento selvaggio e disordinato.

    - Ma che cos'è? -, chiesi come se fosse un animale raro ed esotico.
     
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  14. -[Evil]-
     
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    Un flebile rumore, simile ad un cupo gorgoglio, si confuse per un attimo con i canti delle cicale. Non era decisamente quello che poteva definirsi un'eruttazione, dopotutto con la gola riarsa di sangue non poteva uscirne niente di meglio. Ora la donna si era avvicinata al fianco dell'elfo ed entrambi avevano commentato qualcosa, ma Ailhad non vi prestava attenzione. Spostò il suo interesse verso la ragazza, che a prima vista sembrava giovane tanto quanto l'elfo. Tuttavia non apparteneva anche lei a quella stirpe, aveva qualcosa di diverso. Forse era lei il mutaforma? Inforcò il fegato con due dite e le lasciò scivolare delicatamente sotto gli occhi disegnando una striscia di sangue, come faceva di consuetudine. Era il suo modo di ringraziare la dea per i freschi pasti.
    Di nuovo. Lo stesso gorgoglio risuonò nella notte; stava mangiando decisamente in modo troppo veloce. Quando finalmente si decise a parlare, quello che ne uscì fu solamente del fiato strozzato, da quant'è che non proferiva più parola? Sembrava quasi non ricordare come si facesse.

    -Eh-ehm. Uhm. Buonasera-.

    Aveva appena ricordato che era così che si diceva in casi del genere per non attirare troppo l'attenzione, tuttavia la gente continuava a trattarlo stranamente anche quando si ricordava di salutare.
    Con un pezzo di fegato ancora in mano, si alzò e si diresse verso il fuoco, accucciandosi lì vicino. Guardando le fiamme provava l'irresistibile desiderio di dare fuoco a qualcosa, qualsiasi cosa. Ma ora era stanco ed aveva del cinghiale fresco li vicino, non voleva sprecare quell'occasione. Stava per appisolarsi quando ricordò una cosa molto importante.

    -La dea...-

    Ailhad schizzò in piedi con il terrore sul volto. Shiida stava invocando sangue, Shiida era arrabbiata, Shiida era delusa. Il sacrificio. Il rituale.
    Si voltò a scrutare i due lì vicino. Avrebbe potuto sacrificarne uno, ma a quanto pare c'era una specie di legame fra di loro. Non avrebbe potuto compiere il rituale in pace. Poi per la prima volta notò un'aquila: era posata sulla spalla dell'elfo, emanava un'aura di intelligenza al contrario degli animali che aveva già incontrato. Ailhad si avvicinò all'elfo e tese il braccio che impugnava il pezzo di fegato.

    -Prendi. L'ultimo pezzo per quell'aquila. E buonasera-.

    Lo ripeté nella speranza di poter rimanere il più anonimo possibile. Non era la prima volta che provava a convincere qualcuno e spesso aveva dovuto ricorrere alle maniere forti. Ma ora era troppo stanco, l'unica cosa che voleva era poter effettuare il rituale in santa pace.
     
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  15. Aldrein
     
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    Nedylin venne accanto a me, si inginocchiò, e fissò incuriosita il drow. Cos'era? Un folle? Un esule? Uno che era scampato dai tremendi stermini che a volte scoppiavano in nome di Shiida? Non sembrava uno di quei vagabondi senza casa che vivevano selvatici come animali: le vesti erano troppo curate, la spada troppo elaborata. Vidi spuntare l'elsa di un pugnale. Mi ricordava qualcosa. L'avevo già visto un pugnale simile, ma non riuscii a ricordare dove. Il drow decise di rispondere alla ragazza con un sonoro rutto.

    -Come ho detto prima, un animale. Non so per quale motivo un drow come lui si trova in superfice, di solito se ne stanno rintanati sotto terra...-

    Decisi di ignorarlo e finii di scuoiare il cinghiale. Non avevo toccato la testa, ma quella non aveva nulla da mangiare. Lo afferrai per le zanne e elo trascinai accanto al fuoco. Senza le interiora era abbastanza leggero almeno da strascicarlo. Cucinarlo invece era un lavor diverso. Non ero mai stato un grande cuoco. Stavo per chiedere a Nedylin, quando il drow mi interruppe. La voce era gracchiante e forzata, come se non parlasse da anni e non avesse ancora completamente ingoiato il pasto, il tono strano. Non era un saluto sentito, sembrava come se si fosse ricordato solo in quel momento di doverlo fare. Lo osservai. Nuovamente si avvicinò a me, si mise a fissare il fuoco e parve come ipnotizzarsi. Lo ignorai.

    -Che ne dici di mettere il cinghiale a cuo...-

    Stavo dicendo alla ragazza. Ma un'improvvisa esclamazione del drow mi fece trasalire. La dea. Allora era un fanatico religioso. Sbuffai. Il peggior genere. E molti dei drow seguivano Shiida. La cosa non si merreva bene. La dea era parecchio rigida con i suoi seguaci. Poteva essere pericoloso. Intanto il nuovo arrivato si stava guardando intorno, come terrorizzato. Già, niente può far paura come far infuriare la dolce dea della morte. Poteva essere pericoloso tenerlo lì. Poi si avvicinò a me e mi porse l'ultimo pezzo di fegato. Per Nieve, sosteneva. Ridacchiai.

    -Oh, la farai certo felice. È così vanitosa che un regalo del genere potrebbe farle gonfiare le piume d'orgoglio.-

    Presi il brandello di fegato dalle mani del drow e lo passai a Nieve, che lo prese nel becco e volò su un ramo ai limiti della radura per consumare il pasto.

    -È molto riesrvata quando mangia. Magari dopo potrebe anche ringraziarti.-

    Quello sì che sarebbe stato strano. Finora oltre a me aveva rivolto la parola ad una, forse due persone. E tutte perchè la stavano riempiendo di complimenti. Una donna fino all'osso anche se era un rapace. Tornai a posare lo sguardo sul drow, ma stavolta non stavo sorridendo. Ero piuttosto serio.

    -Ora potremmo apere chi sei?-

    Chiesi brutalmente. Passai distrattamente la mano sulla naginata che avevo fissato nuovamente dietro alla schieda dopo averla usata per tagliare la legna.
     
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