La sacerdotessa e lo stregone

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  1. L a l e;
     
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    Continuai a seguire Landwin, sperando che non si accorgesse che lo frapponevo tra me e la strana creatura. Tuttavia era improbabile poiché era impegnato a trascinare il cinghiale vicino al fuoco. L'elfo aveva detto che l'altro essere si chiamava "Drow"; inoltre, continuava a trattarlo male per una ragione che non riuscivo a capire. Lo definiva animale e diceva che vivevano sotto terra. Se vivevano nel sottosuolo si spiegava il fatto che non ne avessi mai visto uno prima. Ma era Landwin a sentirsi troppo superiore per trattarlo come si meritava, o era il Drow ad essere realmente disgustoso quanto lo dipingeva l'elfo? Fino a quel momento Drow non aveva fatto altro che salutarci e offrire della carne a Nieve, non sembrava così cattivo. Tuttavia, il modo di comportarsi di Landwin mi invitava a mettermi in guardia.
    Un attimo prima, il Drow aveva avuto una strana reazione: proprio mentre era parso che si dovesse addormentare, era balzato in piedi pronunciando due parole, "la dea". Quindi quell'individuo doveva essere devoto a una delle tre dee. Visto che era intriso di sangue, di certo non poteva essere seguace di Aranel, la dea misericordiosa e rispettosa della vita. Avrei escluso che seguisse il culto di Ashera, poiché lo conoscevo bene, e lo praticavano per la maggior parte le donne. Doveva venerare quindi Shiida, il che aveva senso e spiegava l'atteggiamento di Landwin. I seguaci della Dea della Morte potevano essere imprevedibilmente spietati.
    Senza togliere lo sguardo da quel tipo, estrassi lo stiletto dal fodero e iniziai ad usarlo per infilzare i pezzi di carne puliti da Landwin. Poi li infilai nel grosso ramo che, poggiato sugli altri due bastoni, rimaneva in bilico sul fuoco e completava la struttura. Così la carne si sarebbe cotta. Cosparsi il rosmarino lungo i tranci di grasso di cinghiale. In quel momento, l'elfo biondo chiese all'altro chi fosse. Mi interessava molto la risposta a quella domanda, quindi i miei muscoli si tesero e rimasi in attesa della risposta. Inconsapevolmente, strinsi ancora di più lo stiletto nel pamo della mano e le incisioni del manico, fatte per renderne più facile la presa, mi rimasero quasi impresse nella pelle.
     
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  2. -[Evil]-
     
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    Quando l'elfo accettò volentieri il dono di Ailhad, questi tese una mano desideroso verso l'aquila. Una volta tanto riusciva a convincere qualcuno.
    In quei pochi istanti che seguirono nella sua mente turbinarono i mille modi per far infliggere eccitanti dolori all'animale prima di sgozzarlo ed abusarne. Al culmine dei suoi pensieri perversi, però, l'aquila volò via verso il ramo più lontano con il lembo di fegato serrato nel suo becco aguzzo. Ailhad rimase confuso, prima di realizzare che lo avevano imbrogliato. Sentì la rabbia montargli in corpo come un violento torrente di sangue, ma non reagì. Per quanto dalle sue gesta Ailhad potesse dare l'idea di un assassino iroso, impulsivo e completamente incapace di auto-controllo, lui non era niente di tutto ciò. Non erano la rabbia e l'impulsività la causa dei suoi scempi. Ogni sua azione era premeditata, i suoi rituali avevano un modus operandi ben preciso, ad un'ora precisa del giorno. Non aveva mai ucciso per rabbia, e di certo non avrebbe cominciato quella sera. Tuttavia il rituale andava fatto, decise che sarebbe andato nella foresta con una torcia dove avrebbe cercato ciò di cui aveva bisogno per poi fare ritorno all'accampamento dove lo aspettavano un posto caldo e del cibo fresco.
    Così, senza dire nulla a nessuno, stava per tornare sui suoi passi quando vide la giovane ragazza fare una cosa del tutto inaccettabile: stava infilzando la carne di cinghiale su uno stiletto per poi lasciarla cuocere sul fuoco.
    Con uno scatto fulmineo, tipico di coloro che come lui agivano nel silenzio dell'ombra, anticipò la donna togliendole di mano lo stiletto dove i pezzi di carne, ancora freschi, erano stati aromatizzati. In quello stesso istante, l'elfo aveva chiesto ad Ailhad chi fosse, ma lui aveva preferito dare priorità alla carne piuttosto che alla domanda.

    -Tu... Devi essere impazzita! Cuocere la carne...- borbottò più a se stesso che agli altri.

    Cuocere la carne. Non aveva mai capito l'utilità di quel folle gesto. Loro nelle caverne non cuocevano mai la carne, il fuoco aveva il solo unico scopo di riscaldare e bruciare i cadaveri. Aveva assaggiato la carne cotta, in una taverna della capitale. Non aveva mai assaggiato nulla di più disgustoso, nemmeno un goccio di sangue era stato risparmiato dal fuoco. La carne era grigia, dura e soprattutto troppo calda. Ad Ailhad non piaceva la carne fredda, ma la sua temperatura ideale era quella del tiepido sangue di una bestia uccisa da non molto tempo. Annusò la carne di cinghiale sullo stiletto che teneva ancora in mano.
    Aveva un buon odore, sugli aromi non aveva nulla da dire, ma non avrebbe mai permesso loro di cuocerla. Si rivolse finalmente all'elfo per rispondere alla sua domanda.

    -Non ti è di alcuna utilità sapere chi sono. Ma sappi che la Dea della Morte è al mio fianco, io sono il suo servo più devoto, sono il suo più umile schiavo e mi avete già intralciato abbastanza per questa sera-

    Fu in quel preciso momento che Ailhad si accorse di essere terribilmente stanco. Non aveva la forza di tornare nella foresta, a sorreggere una torcia alla ricerca di impronte per tornare chissà quando, dopo che aveva viaggiato così a lungo senza mai fare una tregua. E finalmente giunse l'illuminazione. Era la prima volta che giungeva ad un compromesso del genere, ma sapeva che la dea non si sarebbe arrabbiata per questo. Ora avrebbe trovato un bel posto in cui riposare e sarebbe tornato al sorgere del Sole. A quel punto la Dea, non avendo potuto gioire del suo quotidiano pasto, sarebbe stata onorata con ben due sacrifici. Ed i sacrifici erano proprio lì, dinnanzi ad Ailhad. Si sarebbe divertito un mondo, chiedendosi se avessero opposto resistenza, se sarebbero stati alla sua altezza.
    Un lampo di gioia omicida balenò nei suoi occhi per un istante, poi cercò di assumere l'espressione più neutra di cui era capace. Si avvicinò al tronco caduto lì vicino e ne spezzò un ramo secco, poi estrasse la spada e tagliò tutto quello che riusciva a tagliare legando il tutto con uno spago che aveva in tasca. Si avvicinò al falò e lasciò che la punta del ramo secco ardesse. Sarebbe durata molto poco come torcia, ma non aveva intenzione di allontanarsi tanto. Lanciò con noncuranza lo stiletto verso la ragazza tenendo per se i pezzi di carne.

    -Vado a cercarmi un altro posto in cui dormire. Tornerò domattina per saldare il mio debito e prendere altra carne, quindi, per gli dei, dì alla tua donna di stare lontana da quel cinghiale-.

    Si voltò e si diresse verso la boscaglia con la torcia improvvisata ed il fusto di rami e rametti in cui aveva sistemato nel miglior modo possibile anche i pezzi di carne. Risanare il suo debito. L'aveva detto proprio davanti a loro, ma lo divertiva il fatto che non avrebbero mai capito a cosa lui alludeva. Domattina ci sarebbe stato un bel po' di movimento in quella radura.
    Si inoltrò fra gli alberi e giunse in quella che a prima vista pareva essere una tana di qualche animale. Probabilmente era la dimora dello stesso cinghiale la cui carne ora era legata insieme ai rametti che aveva raccolto. All'interno c'erano i segni di una cucciolata, ma dei piccoli animali nessuna traccia. Peccato, avrebbe potuto passarci il tempo visto che era ancora presto. Sistemò con cura i rametti nella tana ed usò le scintille scaturite dalla sua spada a contatto col pugnale per appiccare il fuoco. Dopo aver consumato il fresco pasto, Ailhad passò la notte sognando un tronco su cui giacevano due cadaveri, nudi. Il loro sangue si riversava sul legno tingendolo di un rosso selvaggio.

     
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  3. Aldrein
     
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    Quando Nieve volò via soddisfatta una strana espressione quasi confusa si dipinse sul volt del drow. Avevo forse frainteso le sue intenzioni? Non voleva forse fare un omaggio all'aquila. Ci sarebbe rimasta male. Intanto Nedylin si era spostata vicino al fuoco e, alle mie spalle, iniziò a mettere a cuocere il cinghiale. Azione che sembrò turbare profondamente il drow, che si lanciò contro di lei strappandole la carne di mano e dandole della pazza. Quale ironia, quale dimostrazione della soggettività della morale e delle definizioni di follia. Quel drow misterioso che sarebbe stato un folle in quasi ogni società che dava della pazza ad una semplice ragazza solo perchè stava facendo un gesto tanto comunque quanto mettere della carne sul fuoco. Incredibile quanto la gente si attaccasse a queste misere definizioni dipendenti dall'educazione ricevuta. Strappò dalle mani della ragazza lo stiletto con la carne ancora attaccata e ci diede un morso. Io mi posizionai subito in mezzo ai due, quasi a fare da scudo alla ragazza. Non fu istintivo, ma puramente calcolato. Avevo la mano sinistra sulla nagigata pronto a sfoderarla, e mi preparai a lanciare un incantesimo. Quella situazione poteva essere un'occasione insperata. Ero sicuro che quel drow, per quanto pazzo, non sarebbe stato in grado di minacciarmi. Non con quella ridicola quantità di magia che scorreva nel suo corpo. Tuttavia parve ignorare la ragazza chinata dietro di me. Mi fissò e mi rivolse direttamente poche parole. Avevo ragione, un servo di Shiida. E dunque poteva rivelarsi tanto innocuo quanto pericoloso. Nessuno sapeva mai cosa ordinasse la dea. Capricciosa e incostante non si era mai curata della sanità ne fisica ne mentale dei suoi sudditi e si divertiva a spingerli in missioni suicide senza alcuno scopo altro che il suo semplice divertimento. In quale folle missione aveva spedito stavolta il suo povero servo che pareva adorarla con tale devozione? Quale sadico compito le aveva impartito? Ricordavo bene Shiida. Bella come tutti gli dei, anzi, magnifica, meravigliosa a vederla, affascinante, capace di catturare tutta la tua attenzione e toglierti completamente il respiro. Eppure dietro quell'aspetto meraviglioso non si riusciva a non sentire un brivido di terrore scorrere lungo la schiena e attanagliare il cuore, trasformandosi in poco tempo in puro panico. I suoi occhi erano gelidi e il suo sguardo poteva far tremare le gambe a chiunque. E i suoi servi la adoravano e la riverivano più che gli altri dei, perchè quando uno è vittima del terrore più profondo non può far altro che sottomettersi ed ubidire, o fuggire e allearsi col nemico. E lo stesso sguardo di atavico terrore impossibile da controllare si era dipinto sul volto del drow quando si era ricordato della dea. Aveva un compito, e stava ritardando. Probabilmente sarebbe arrivato a tutto pur di non contrariare la sua padrona. Povero stolto che aveva scelto di sottomettersi al volere divino. Poveri coloro che a differenza di noi nati all'alba del mondo non hanno avuto possibilità di scelta. Ma anche la fortuna fa parte della sopravvivenza, delle sacre legi scritte dagli dei.
    Il drow passò distrattamene lo stiletto alla sua proprietaria, si chinò, e accese una torcia. Ma non vedevano al buio? Evidentemente i miei ricordi delle lezioni impartiteci dagli dei iniziavano ad essere imprecise. Centoventisette anni non mi sembravano così tanti, eppure alcuni membri di alcune razze già morivano di quella che chiamavano vecchiaia. Un corpo che si decompone col tempo. Ecco un altro segno della superirità e perfezione di noi elfi. Mi sedetti accanto a Nedylin posando l'arma al mio fianco e mi rivolsi al drow che se ne stava andando:

    -Quale debito?-

    Non mi aspettavo una risposta. Un debito. Pericoloso. Di cosa parlava? Quale intralcio avevamo posto ai suoi passi verso l'adempimento della sua sacra missione? E come avrebbe richiesto che venisse saldato? Fin troppo facilmente di debiti di Shiida includevano che fosse versato del sangue. Avremmo dovuto far attenzione.
    Osservai la piccola fiamma finchè non si spense nel buio, e poco dopo sparì anche quel faro luminoso che era la magia insita nel suo corpo. Sospirai e portai nuovamente la mia attenzione a Nedylin.

    -Mi avevo chiesto cosa fosse prima. Bene, quello che se n'è appena andato è un drow, una versione distorta e depravata degli elfi che di solito vive rintanata sotto terra. Sono crudeli, astuti e spesso pericolosi. E molti di loro servono Shiida, i cui folli ordini non fanno che renderli ancor più pericolosi.-

    Osservai la carne al fuoco che stava iniziando a prendere un po' di colore. Mandava un odore veramente invitante. Il mio stomaco borbottò. A ben pensarci avevo fame. Guardai i gesti della ragazza e la imitai iniziando anche io a mettere altra carne a cuocere. Una volta cotta sarebbe stata più conservabile magari per i giorni successivi. Finita l'opera mi avvicinai a Nedylin, presi un pezzo di carne ormai cotto e ci diedi un morso. Non avevo mai usato aromi e ci stavano davvero bene.

    -Complimenti, è davvero buona!-

    Mi complimentai. Poi mi avvicinai ancora un pochino e le passai un braccio intorno alle spalle e rimasi ad osservare il fuoco gustandomi la carne, mentre il mio stomaco rontolava. La fame portava un silenzio quasi surreale quando uno mangiava.
     
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  4. L a l e;
     
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    Il Drow mi aveva strappato lo stiletto di mano dandomi della pazza perché mi ero messa a cuocere la carne del cinghiale. Mi aveva fatto male e avevo premuto il pollice dell'altra mano nel palmo di quella per mandare via il dolore. Ma esso sparì velocemente. Poi osservai il Drow che continuò a parlare con Landwin. L'elfo si era messo tra noi per proteggermi e mi domandai il motivo per cui lo avesse fatto. Era ancora quella sua smania di apparire e voleva impressionarmi, oppure teneva almeno un pochino alla mia compagnia?
    Il Drow mi lanciò nuovamente il mio stiletto, privo però della carne, e infine accese una torcia e se ne andò, scomparendo tra la vegetazione. Le sue parole erano state davvero strane e anche Landwin se ne era accorto. Un debito? Che debito doveva saldare? E poi, ripensandoci bene, avevo già sentito qualcosa di gente che sacrificava omaggi alla dea Shiida, ma di solito erano prede vive. Quel Drow si sarebbe davvero accontentato di carne di cinghiale? Turbata da quei pensieri e ancora senza dire nulla, finii di cucinare la cena.
    In quel momento l'elfo biondo tornò a rivolgersi a me e confermò i miei timori. Poi si sedette non lontano da me e prese un pezzo di carne ormai cotto. Ma, mentre iniziava a consumarlo, mi passo un braccio intorno alle spalle e mi fece un complimento per le mie doti culinarie. Inizialmente la mia reazione istintiva fu quella di raddrizzare la schiena e rimanere ferma; ma, vedendo che il ragazzo si cibava tranquillamente, mi rilassai anche io e finii per appoggiarmi a lui, fianco contro fianco. Il pensiero di allontanarmi non mi passò nemmeno per la mente.
    Pulii la lama dello stiletto in un pezzo di tela prima di rinfoderarlo e poi sottrassi della carne al fuoco per mangiare anche io. Aveva preso un colore molto più sano e appetibile e anche l'odore non era male. Il rosmarino aveva aromatizzato perfettamente, come aveva notato anche l'elfo. Finii il pasto in silenzio, ma un pensiero continuava a ronzarmi per la testa come un insetto fastidioso.

    - Se abbiamo cotto la carne per noi, per cosa tornerà quel Drow? Di certo non vorrà sacrificare quel cinghiale alla dea... -.

    Un brivido mi percorse la schiena ripensando a cosa poteva portare la depravazione di un individuo del genere, anche troppo devoto ad una dea subdola e crudele. Sospirai. Perché dovevo cacciarmi sempre in quelle situazioni?
     
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  5. Aldrein
     
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    Finimmo con calma il pasto. La carne non era stata mangiata tutta, ma poco male, l'avremmo mangiata il mattino dopo. Lanciai l'ultimo bastoncino ripulito dalla carne nel fuoco, sospirai e mi voltai ad osservare la ragazza che ancora non aveva finito il pasto. Mi ipnotizzai a fissare la luce tremula del fuoco che disegnava esotici arabeschi sulla sua pelle candida e sul bianco vestito, finché la sua voce non mi riportò alla realtà. Già. Aveva detto sarebbe tornato. Ispirai profondamente, ci pensai un attimo e dissi:

    -Certamente non sarebbe tornato per un animale sventrato. Quello altro non sarebbe stato che un pasto da consumare. Non so che debito intenda, e non me ne curo. Solitamente i debiti contratti con la dea Shiida e i suoi seguaci sono debiti di sangue, ma quell'essere non ha abbastanza magia nel suo corpo per rappresentare una minaccia. Basta non farsi cogliere impreparati.-

    Quale miglior compagnia per una lunga notte di veglia che una bella ragazza? E poi stavo iniziando ad annoiarmi. Feci scorrere la mia mano dalla sua spalla giù lungo il fianco, fino all'anca. Mi appoggiai a lei e dissi a voce bassa

    -Rischia di diventare una lunga notte se dobbiamo passarla a vegliare perchè quel folle non venga a imortunarci...-
     
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  6. L a l e;
     
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    L'elfo rispose alla mia domanda, poi sentii la sua mano che lentamente passava dalla mia spalla giù, lungo il mio torso e fino al fianco. Un altro brivido mi attraversò la spina dorsale, ma stavolta sapevo che non era un brivido né di timore né di freddo. Era un brivido di esaltazione.
    Mentre Landwin si sporgeva verso di me, io indietreggiai leggermente con la parte superiore del corpo, ma senza allontanarmi effettivamente da lui. In quel modo avevo il suo viso ancora ben visibile. Lo guardai negli occhi verdi mentre mi diceva che la notte sarebbe stata lunga durante la veglia a causa del Drow folle. Pensai di nuovo che effettivamente fosse un bel ragazzo e che, con gli anni che probabilmente aveva, dovesse avere parecchia esperienza in certe cose. La notte sarebbe potuta trascorrere in un modo divertente e poi, quando pensavo a giacere con lui, mi si smuoveva qualcosa a livello dello stomaco, quasi il mio corpo mi incitasse a farlo.
    Capivo perfettamente a cosa si stava riferendo con quelle parole, ed evidentemente non era a fare dei turni di guardia.

    - E come vorresti trascorrere tutto questo tempo interminabile a cui ti riferisci? -, mormorai.
     
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  7. Aldrein
     
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    La ragazza mi fissò attentamente. Un sorriso mi illuminò il volto. Passai l'altra mano tra i suoi capelli fin sulla nuca e mi avvicinai piano piano al suo viso. Ormai ero così vicino che potevo distinguere ogni dettaglio, dalle macchie di colore in quegli spendidi occhi azzurri alle singole ciglia, alla pelle candida e quasi perfetta. Sentii il suo respiro sulle mie labbra.

    -Un modo ce l'avrei in mente...-

    Sussurrai. In realtà più di uno. Le idee nascevano una dopo l'altra solo ad osservare la bella fanciulla di fronte a me. Attesi qualche secondo, giusto il tempo di lasciar crescere un eventuale desiderio, poi la baciai. Il contatto con le sue labbra morbide e calde. Un bacio rapido, breve e delicato. Al quale feci seguire un secondo ed eventualmente un terzo. Ora non mi restava che vedere la reazione di Nedylin.
     
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  8. L a l e;
     
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    Un sorriso apparve sul volto del ragazzo: era un sorriso perfetto, con denti dritti e bianchi, tanto che quasi brillava. Quando sorrideva era infinitamente più attraente. Poi si avvicino piano e rimase per qualche breve istante ad osservarmi. Il suo respiro era caldo e dolciastro mentre diceva che aveva un'idea su come passare la notte. Contemporaneamente, la sua mano libera si intrecciò con i miei capelli e la sentii premere dietro alla mia testa. Un fremito mi attraversò tutto il corpo e il cuore iniziò a battermi più forte, consapevole di cosa stava per succedere.
    Landwin mi baciò rapidamente e delicatamente. Poi ripeté l'operazione una seconda volta. Io ero quasi ipnotizzata, impietrita senza saper bene cosa fare, ma al terzo bacio gli gettai le braccia al collo e mi pesai all'indietro atterrando sdraiata con la schiena sull'erba e cercando di portarlo con me.
     
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  9. Aldrein
     
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    Le braccia delle ragazze si cinsero sul mio collo, e mi portò giù, sdraiato sull'erba, sopra di lei. Beh, era stato fin troppo facile. Peccato, mi sarei divertito a giocarci ancora un po'. Ma il gioco che sarebbe iniziato in quel momento era molto più eccitante. Con la mano destra sotto la sua nuca le tenni la testa mentre la baciavo. I dolci baci si stavano trasformando, diventavano sempre più lunhi e passionali. Le passai le labbra col la lingua prima di mettergliela in bocca. Sentivo il suo corpo fremere sotto di me. Mi misi in equilibrio con le gincchia e le inziai a far scorrere la mano sinistra prima sul fianco, poi sulle cosce, poi a toccare il bordo del vestito della ragazza...


    L'aria fresca e frizzante del mattino accolse le prime luci del sole che stava sorgendo illuminando fiocamente la piccola radura. Mi alzai in piedi e mi stirai. La notte era passata velocemente ed in modo molto piacevole. Ringraziai gli occhi d'acquila di Nieve. Andai verso i rimasugli del fuoco e presi uno dei pezzi di carne che ancora erano lì impalati. Ci tirai un morso. Non era più gustosa come la sera prima, ma non era niente male, anche fredda. La nottata mi aveva fatto venire un certo languorino. Mi girai verso Nedylin e chiesi

    -Ne vuoi un pezzo? Anche fredda è sempre buona.-

    Mi rassettai i vestitii e passai distrattamente una mano tra i capelli. Decisamente scompigliati. Mal di poco, mi sarei riaggiustato alla prima occasione.
    Finii di mangiare il pezzo di carne e ne presi un secondo. Mi era venuta fame dopo quella nottata

    -Preferirei non restare ancora qui a lungo però. Per quanto il drow possa non rappresentare una grave minaccia preferisco evitare scaramucce...-

    Dove andare ora? La mia tappa era di nuovo la capitale, dopo decenni che non ci tornavo. Viaggio disperato inseguendo i più miseri brandelli di informazione. GIà, molti mi avrebbero dato del folle. Ma io ero deciso. Diedi un morso al secondo pezzo di carne e vidi la sagoma di Nieve tornare nella radura e posarsi su un albero con un coniglio morto nel becco. La caccia aveva dato buoni frutti. Un rapace con l'intelligenza di un elfo, difficile che le sue vittime riuscissero a scappare...
     
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  10. L a l e;
     
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    Mi misi a sedere, coprendomi il corpo con la mia stessa maglia di cotone bianco e poi anche la cicatrice che avevo sul fianco destro con i pantaloncini. L'aria del mattino era frizzante e mi mancava il calore del suo corpo. Sentivo le gambe indolenzite, ma erano il giusto prezzo per una notte soddisfacente e passionale. Mi sentivo sporca ed ero spettinata, ma avrei dovuto aspettare di raggiungere il fiume più vicino per fare un bagno. Vidi Landwin addentare un pezzo di carne e chiedermi se ne volessi un po', ma negai con la testa, rimanendo in silenzio. Più tardi sarei andata alla ricerca di un albero da frutto. Mentre lo osservavo rivestirsi e passarsi distrattamente le mani tra i capelli, un dubbio atroce iniziò ad attanagliarmi le interiora. Che sarebbe successo da quel momento in poi? Sapevo che giacere con quell'elfo sarebbe stato un errore, ma avevo deciso di farlo lo stesso. E, come al solito, ci ero ricaduta e mi ero affezionata. Mi ero affezionata a quel suo modo di fare arrogante e alle forme di quel corpo perfetto.
    Anche se avessimo viaggiato insieme per un po', prima o poi sicuramente le nostre strade si sarebbero divise. Si vedeva chiaramente, anche solo dal suo modo di fare, che quell'elfo aveva uno scopo, uno scopo preciso. Mentre io cos'avevo? Un bel niente. Non sapevo dove dirigermi e stavo tornando alla Capitale solo per cercare un nuovo lavoro, oppure finire come sei mesi prima, a fare da indovina per poche gemme preziose. Che dovevo fare? Correre da lui e dirgli tutto? Un tipo così avrebbe riso di me e mi avrebbe dato della pazza. E avevo troppa paura che lo facesse sul serio per confessare. Mi stava venendo voglia di piangere per tutto quello che avevo fatto; mi ero comportata da stupida, senza pensare alle conseguenze, e ora ero di nuovo nei casini per colpa di quegli stupidi sentimenti. Forse mi sarei trovata meglio se fossi stata una carcassa vuota e priva di emozioni, almeno non avrei sofferto per nulla. Non mi rimaneva che fingere che non fosse successo niente.
    Mi alzai in piedi e indossai il mio cappuccio bianchissimo mentre ascoltavo ciò che diceva l'elfo biondo. Per un secondo ebbi la speranza che fosse un invito ad accompagnarlo, ma poi mi dissi che sicuramente non poteva essere niente del genere. Mi chinai a raccogliere tutte le mie cose nella sacca di pelle e a legare nuovamente lo stiletto alla coscia.

    - Questo cos'è, un saluto? -, domandai senza guardarlo.

    Non avevo il coraggio di chiedergli altro, per timore della sua risposta.
     
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  11. -[Evil]-
     
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    La tenue luce di una piccola candela illuminava una grande stanza scavata nella roccia nera. Non c'erano mobili, non c'erano quadri, non c'era nulla che potesse far intuire l'occupazione di quel posto da parte di qualcuno che non fosse un animale.
    In un angolo semibuio della stanza giaceva un'anziana drow su un grezzo letto di paglia, anche se a vederlo dava più l'idea una stalla. Anche l'odore era simile, probabilmente i bisogni fisiologici venivano scaricati in un posto li vicino se non nella stanza stessa. Nonostante la sua razza, la drow aveva perso quasi completamente il classico scuro colorito, lasciando posto ad un pallido celeste che diventava prossimo al bianco col passare del tempo.
    Inginocchiato vicino alla donna vi era un giovane con tutti i tipici segni razziali dei drow: la sua pelle era così scura da perdersi nell'ombra, ma nel suo volto erano chiaramente incisi angoscia e terrore.

    -Madre.. Non può succedervi questo, non anche a voi..-

    La donna mosse leggermente la testa finché non si ritrovò a perdersi nelle scintille di luce provocate dagli occhi del figlio immersi nel buio.

    -Ailhad.. Sto per raggiungere tuo padre. Non devi temere, quello che vedi è una creazione della Dea stessa. Non c'è nulla di male nel lasciare queste gallerie in questo modo-

    -No! Non è così che abbiamo sempre fatto, cosa mi dite dei nostri fratelli? E' quello il modo in cui Shiida richiama a se i propri discepoli, siete stata sempre voi a dirmi questo, Madre!-

    La donna tacque. Aveva la bocca leggermente aperta, come se stesse pensando a qualcosa. Nei suoi occhi c'era un grande timore, la paura di doversi portare un terribile risentimento nella tomba.

    -Ailhad... Io e tuo Padre, abbiamo sbagliato. Lui si confessò con me nel suo letto di morte. L'immortalità non esiste, figlio mio, è riservata soltanto agli Dei e a pochi altri, cercare di impossessarsi di qualcosa che non ci appartiene non fa altro che causare dolore e sofferenza a noi e a chi ci sta intorno. Ogni notte piango per ciò che abbiamo fatto, eravamo giovani allora e così stolti, così soggiogati. Tutto questo deve finire-

    -No madre, vi state sbagliando. Non può esserci morte senza la lama ed il fuoco, lo sapete bene. Il vostro è un delirio generato da quest'orrenda malattia che v prosciuga la mente.-

    -No, Ailhad, questa non è una malattia, questa è...-

    -Non dite più nulla, Madre. Non vi lascerò soffrire, lo prometto. Oggi raggiungerete la Dea com'è giusto che sia, ed anche io vi raggiungerò un giorno per mano dei miei fratelli. Ora venite con me, Madre!-

    Il giovane drow si alzò finalmente in piedi, ma non senza aver prima afferrato l'anziana capostipite dei drow per il polso. La trascinò lontana dal pagliericcio e la raccolse fra le sue braccia, apprestandosi ad abbandonare la stanza.

    -No, Ailhad, mettimi giù! Non capisci? Non è questo che voglio, nè per me, nè per nessuno!-

    Le prime lacrime cominciarono a solcare le magre guance dell'anziana che ora implorava il figlio, ma questi non le prestava ascolto. Era risoluto nelle sue azioni, risoluto in quello che lui considerava un grande gesto d'amore. Arrivò in un grande spiazzo cavernoso illuminato da pochi raggi che giungevano da una fessura e ricadevano proprio su un'altare di pietra macchiato di sangue represso. L'altare della Dea.
    Adagiò la madre, quasi impossibilitata a muoversi a causa della sua salute, sull'altare in posizione supina, dopodiché estrasse un pugnale d'argento.

    -No! Ailhad, ti scongiuro! Avevo grandi piani per te, avrei voluto farti uscire, vedere la superficie, ammirare il mondo e guarire il nostro popolo dal male! Avresti potuto stabilire contatti con gli altri popoli e la nostra economia sarebbe sbocciata, il popolo avrebbe prosperato!-

    -Madre, ora porrò fine alle vostre sofferenze-

    -Ailhad, figlio mio, no!-

    Il suono della lama a contatto con la carne interruppe all'istante le grida disperate dall'anziana drow. Il sangue cadde dalla sua gola a fiotti riversandosi prima sull'altare e poi a terra in stretti fili cremisi. I primi drow accorsero verso l'altare, alcuni curiosi, altri eccitati, altri terribilmente angosciati.

    -Gioite, poiché la nostra anziana Madre ha finalmente raggiunto la Dea. Ed ora...-

    Con il pugnale, Ailhad scavò un grosso taglio nella sudicia veste del cadavere, dopodiché la strappò completamente usando le mani e lasciando in mostra il vecchio e scheletrico corpo completamente nudo. Con lo stesso gesto strappò anche la sua veste, afferrò le gambe della madre e le divaricò, avvicinandosi. Poi il fascio di luce si allargò, diventò più potente ed illuminò tutta la caverna con potenza inaudita. Ailhad si trovava disteso in un letto di foglie morte, con accanto i resti di un falò ormai spento.

    Qualcosa di muoveva vicino a lui. Aspettò che i suoi occhi si abituassero alla luce del mattino per poi mettere a fuoco quelli che erano quattro piccoli cinghiali. La cucciolata. Quindi alla fine era tornata nella tana alla ricerca della madre. Non doveva sprecare quell'occasione, perciò si alzò con la massima discrezione e sbarrò l'unica uscita dalla tana con i resti del falò. Non sembrava funzionare molto, ma per i piccoli cinghiali sarebbe bastato, ora non potevano più uscire.
    Una volta scoperto di essere in compagnia di un estraneo, i quattro piccoli animali si diedero alla pazza fuga in ogni angolo della piccola caverna, sbattendo le teste contro la roccia e le braci ormai fredde del fuoco. Ailhad ne afferrò uno dietro il collo e lo sollevò, erano molto piccoli. Tutto quello che poteva farci, era una sana colazione mattutina. Aveva ancora qualche boccone di carne dell'altra sera, ma ormai quella era fredda come il ghiaccio. Sgozzò il piccolo cinghiale e lo ributtò a terra per avvicinarsi al secondo. A quanto pare ora avevano capito le cattive intenzioni del drow, poiché si agitavano e cozzavano contro la roccia sempre più violentemente. Uno di loro stava per spaccare le braci e fuggire, ma fece appena in tempo ad afferrarlo. Per un attimo si divertì a vederlo dimenarsi inutilmente. Gli tagliò via una zampa, ed il piccolo cinghiale emise un verso lacerante di dolore.

    -Ti piace, eh?-

    Ora anche gli altri due piccoli animali erano in preda al panico.
    Ailhad mozzò un'altra zampa al cinghiale e lo riposò a terra per osservarlo. Nonostante tutto il sangue che aveva perso, il piccolo cinghiale cercava di usare le due zampe rimanenti per darsi alla fuga, riducendosi però più a strisciare che correre.

    -Beh, basta giocare ora-

    Dopo averlo sgozzato, vide gli altri due animali appiattirsi verso l'altra estremità della caverna. Ailhad li osservò a lungo.

    -State male, vero? So benissimo che cosa si prova..-, una lacrima inumidì la sua guancia destra.

    -Vedere i propri fratelli raggiungere la Dea e non poter avere lo stesso trattamento. E' terribile, vero? Vederli come se ne vanno felici da questo mondo urlando di piacere e noi imprigionati qui, fra i comuni mortali. Ma abbiate fede, piccoli amici-.

    Mentre consumava la colazione, Ailhad rivolse per la prima volta il suo pensiero ai due incontrati nella radura. In effetti avrebbe potuto ripagare il suo debito con la Dea usando i due cinghiali ancora vivi, ma ormai l'idea di sacrificare qualcosa che si avvicinasse anche solo lontanamente ad un drow lo eccitava molto. Tuttavia viaggiando aveva imparato che nel mondo esterno si faceva un grande uso della magia e vi erano guerrieri di fama e gloria. Per ora non avrebbe ucciso i due animali. Li avrebbe rinchiusi li e sarebbe tornato a prenderli prima o poi. Chissà se la fame li avrebbe spinti a cibarsi della carne dei loro stessi fratelli e addirittura della madre che cercavano tanto? Il solo pensiero riempì Ailhad di gioia.
    Abbandonò la caverna ed usò delle grosse pietre li vicino per imprigionare nel buio quelli che si trovavano all'interno.
    Fuori invece il Sole splendeva potente, non lasciando nemmeno le folte chiome degli alberi a sbarrargli il passo. La radura non era lontana.
    Estrasse due spiedi e li intinse nella sua boccetta di veleno e si mise in cammino verso la radura. Arrivato ad un certo punto, si arrampicò su un albero usando le lame celate nei polsi per avanzare più facilmente sul legno. Raggiunto il punto più alto li vide, in piedi uno di fronte all'altra proprio dove li aveva lasciati.
    Mancavano ancora una quarantina di metri al punto dove si trovavano loro, ma con gli spiedi poteva agire ora, magari anche con una spinta in più. Dopo essersi assicurato che il fogliame lo nascondesse per bene, prese la mira ed utilizzò la magia per far partire i due spiedi a grande velocità. Che li avesse colpiti o no, gli spiedi erano già arrivati a destinazione, perciò Ailhad si apprestò a scendere dall'albero e cambiare posizione in modo che non potessero individuarlo. Anche se con attacchi a quella velocità non serviva molto, per ora voleva rimanere nascosto.
    Aveva mirato alle braccia, uno spiedo per l'elfo ed uno per la compagna; in questo modo avrebbe indebolito il loro arto con la perforazione del bicipite anche se non gli erano mai sembrati equipaggiati come dei guerrieri. Tuttavia era il veleno che contava: in genere lui intingeva solo la punta degli spiedi, quei due erano invece cosparsi di veleno almeno fino alla metà, in caso di riuscita sarebbe bastato per portarlo leggermente in vantaggio sulle prestazioni fisiche e psichiche.
    Cercò infine un buon punto in cui potesse stanziare con poca visibilità e allo stesso tempo osservare i movimenti delle due prede.


    CITAZIONE
    Speed up: Con questo incantesimo è possibile lanciare oggetti ad una velocità superiore del normale. L'incantesimo funziona solamente con oggetti dal peso trascurabile come gli spiedi, tuttavia l'oggetto lanciato acquista una velocità tale da non poter essere percepito dall'occhio.
    Basso

     
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  12. Aldrein
     
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    Visto il rifiuto della ragazza addentai il secondo pezzo di carne. Masticai con calma e osservai Nedylin. La notte era stata certamente divertente, e non avrei disprezzato la sua compagnia ancora per un po' di tempo. La magia fluiva nel suo corpo più abbondante che in una persona normale, e questo già la rendeva interessante, e passare qualche altra nottata comee quella appena trascorsa non sarebbe certamente stato un dispiacere. Inghiottii la carne, e, con noncuranza, dissi in risposta alla sua domanda:

    -Veramente pensavo di andarcene a fare un bagno. E dopo potremmo incamminarci insieme. Eri diretta in qualche posto particolare?-

    L'avrei illusa un po' forse. Mal di poco. Non ero un bugiardo ed anche se avessi deviato un po' dal mio cammino non sarebbe stato certamente un problema. La pista che seguivo era fin troppo vaga per essere affidabile, e magari avrei avuto un po' di fortuna. Maghi dotati e conoscenze sorprendenti potevano spuntare fuori ovunque in quel mondo. E avrei avuto più tempo per affinare qualche teoria e possibile incantesimo per raggiungere il mio obiettivo. E, cosa non secondaria, mi sarei certamente divertito con quella ragazza. Diedi un altro morso alla carne.
    Stavo masticando quando notai Una fonte di magia dritta davanti a me, tra le chiome degli alberi. Come promesso era tornato. La luce tipica di un piccolo incantesimo e poi come due piccole candele sparate contro di noi.

    -Occhio!-

    Esclamai verso la ragazza, avvicinandomi rapidamente a lei e dandole una spinta. Sentii un leggero dolore all'avambraccio quando un ago graffiò la mia pelle perforando il vestito. La mia reazione fu istantanea e perfettamente simmetrica.Alzai la mano e sparai due piccoli dardi invisibili dritti contro la fonte magica accoccolata sulla cima dell'albero.

    -Il pazzo è tornato a riscuotere il debito...-

    Dissi acido. Mi osservai la ferita. Un taglio abbastanza lungo sulla pelle che stava macchiando di rosso le vesti. Niente di grave. Però era strano che avendo la possibilità di lanciare un attacco a sorpresa si fosse limitato a lanciare due piccoli aghi. Doveva esserci qualcos'altro. A voce bassa, sfruttando l'acuto udito dei rapaci borbottai:

    -Nieve, vai in esplorazione, non voglio avere sorprese.-

    Un fruscio aveva già preceduto le mie parole e l'ombra del rapace si stava disegnando sulla pianura mentre il famiglio si levava in volo.
     
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  13. L a l e;
     
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    La risposta che l'elfo mi diede mi spinse a guardarlo con sorpresa. A quanto pareva avremmo davvero viaggiato insieme per un po'. Ma, nonostante la speranza che cresceva nel mio petto, il mio cervello continuava a dirmi che sarei riuscita soltanto a farmi usare. Purtroppo per me, tendevo a ignorare spesso il lato più razionale di me.
    Mi alzai e feci un passo verso di lui, pronta a rispondere che mi dirigevo alla Capitale, quando mi urlò qualcosa e mi diede una spinta. Tutto accadde molto in fretta. Barcollai e tornai stabile solo dopo qualche passo indietro. Landwin mosse un braccio in direzione di un albero, come per lanciare un incantesimo, ma non riuscii a vedere nulla scaturire dalle sue mani. Così volsi lo sguardo in quella direzione.

    CITAZIONE
    Aura della percezione: Nedylin può percepire la presenza di un essere pensante nascosto se si trova a breve distanza da lei, in un raggio di una decina di metri, come se fosse una particolare sensazione. (Basso)

    Un'onda circolare invisibile, come quella creata da un sasso che colpisce e affonda al centro di un lago, si espanse partendo dal mio stesso corpo. Quando raggiunse la posizione del Drow che ci aveva attaccati, iniziai a percepirlo chiaramente. Landwin aveva ragione, era lui ed era tornato per farci fuori. Ma eravamo certamente più forti e più numerosi di lui.
    Abbassai lo sguardo e il riflesso del sole su qualcosa di metallico attirò la mia attenzione: tra i fili d'erba, non lontano dall'elfo, un ago scintillava di riflessi di luce dorata. Usando un lembo della maglia, lo afferrai cercando di non pungermi e lo avvicinai al viso. In quel momento sentii un odore inconfondibile: sangue e veleno. Mi voltai verso Landwin istantaneamente, mentre lasciavo ricadere l'ago sul terreno: il biondo aveva una manica macchiata di rosso.

    - Landwin. Landwin, avvicinati, devo guardarti quella ferita... -, dissi, mentre l'aquila albina si alzava in volo.

    Mi avvicinai a lui e aprii il palmo della mano sinistra mentre la destra impugnava il pugnale. Lo usai per tagliargli i vestiti. Poi imposi il palmo della mano aperta sulla sua ferita, quasi a sfiorare la pelle e il sangue rosso rubino. La mano fu circondata da un alone bianco semi-trasparente a causa dell'energia spirituale curativa che emanava.

    CITAZIONE
    Risanamento: Con questo incantesimo, Nedylin è in grado di curare le ferite con il semplice tocco delle mani, in cui avrà convogliato la propria energia. Questa energia sarà infatti in grado di accelerare i processi di guarigione e di cancellare il dolore fisico; agirà anche come antidoto contro piccole quantità di veleno. Il tempo che le ferite impiegheranno a rimarginarsi dipenderà sia dalla gravità della ferita che dall'energia impiegata. L'incantesimo non è in grado di guarire ferite mortali. E' utilizzabile anche su altri individui. (Medio)

     
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  14. -[Evil]-
     
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    Proprio mentre Ailhad si apprestava a scendere dall'albero, sentì la pelle sulla schiena lacerarsi e il tronco davanti a se attutire l'impatto di spiedi, o almeno è quello che si sarebbe aspettato di vedere. Per un attimo aveva pensato che il suo stesso attacco si fosse ritorto contro di lui; a prima vista sulla corteccia non c'era nulla, quindi, essendo una delle due prede un elfo, allora quella era sicuramente magia. Una magia veloce poi, se fosse rimasto a guardare l'esito del suo attacco a distanza, sarebbe stato colpito in pieno. Non appena fu giù dall'albero portò un mano dietro la schiena, vicino alla scapola destra: poteva sentire due tagli da cui scorreva il sangue. Fortunatamente non c'era nessun veleno, altrimenti se ne sarebbe accorto all'istante. Così, senza indugiare oltre, cominciò a correre assicurandosi la copertura dei grossi alberi, anche se ormai l'aveva capito: quell'elfo poteva captare la sua presenza anche senza fare uso dei sensi convenzionali. Se non fosse stato per il fatto che quella foresta era veramente fitta, avrebbe semplicemente detto che quell'elfo aveva una vista incredibile, poi ricordò appunto che la "vista" degli elfi non si basava solo sui cinque sensi, ma anche sulla magia. Quell'elfo vedeva la magia dentro Ailhad.
    Da quel poco che riusciva a vedere da quella distanza e dalle coperture, intuì che la donna si era avvicinata all'elfo. Probabilmente almeno uno dei due era riuscito a colpirlo, ma non aveva tempo per controllare se il veleno avrebbe fatto effetto. Qualsiasi possibilità di attaccare dall'ombra era ormai esclusa, doveva tentare un attacco diretto, inoltre l'elfo avrebbe sicuramente potuto prevedere da dove sarebbe uscito Ailhad.
    Il problema era che il drow non conosceva ancora la forza dei due.
    In un altro caso sarebbe semplicemente uscito allo scoperto ed avrebbe attaccato, ma non aveva nessuna intenzione di sottovalutarli.
    Così, in pochi secondi, il drow aveva sette dita per mano invece di cinque. Sette dita che poi crebbero ad otto, nove, per poi diventare un'altra vera e propria mano. Successe la stessa cosa con i piedi, con la testa e, in un istante, un nuovo Ahilad identico all'originale era lì.

    CITAZIONE
    Sdoppiamento: Ailhad crea una copia di se stesso identica all'originale sia esteticamente che a livello di combattente. La copia non può usare incantesimi, tuttavia possiede esattamente le armi dell'originale. La copia scompare se subisce delle ferite molto gravi, ma l'originale non ne risente minimamente. La copia svanisce dopo un turno.
    Medio

    Per qualche secondo i due corsero insieme scambiandosi continuamente di posto, poi la copia invertì di colpo la sua direzione per portarsi ad una posizione ottimale per una formazione a tenaglia.
    Il vero Ailhad uscì per primo, zigzagando verso i due al massimo della velocità. Se aveva visto giusto e quei due erano dei maghi, allora poteva confidare almeno nelle sue doti atletiche frutto dell'allenamento di chi predilige la velocità e potenza del corpo a quella degli incantesimi. Mentre lui sguainava la spada pronto a colpire l'elfo, la copia aveva già intinto nel veleno ben otto spiedi, il massimo che Ailhad era in grado di lanciare contemporaneamente usando entrambe le mani. Di sicuro i colpi non sarebbero stati altrettanto precisi, ma ora che la distanza era notevolmente ridotta e i due si erano avvicinati, la copia non avrebbe avuto nessun problema ad indirizzare quattro dardi avvelenati per ciascun bersaglio. I colpi non erano potenziati dalla magia, ma poterli vedere non voleva dire che non fossero veloci, inoltre a fare da diversivo c'era il vero Ailhad che con un forte fendente orizzontale provò a tagliare il petto dell'elfo, proprio nello stesso istante in cui ormai gli spiedi erano in rotta di collisione. Subito dopo uscì allo scoperto anche la copia. Nonostante fosse un falso pronto a sparire, anche il falso Ailhad zigzagò allo stesso modo per confondersi ancora meglio con l'originale, e non solo.

    -Per la dea!-

    Esattamente quello che qualcuno si sarebbe aspettato dire dal drow, solo che era stato il falso ad urlarlo, mentre l'originale non aveva ancora proferito parola, come ci si aspettava invece dalla classica copia stereotipata. Il fasullo Ailhad focalizzò invece la sua attenzione sulla donna dai capelli rossi attaccando però con la spada in una mano e il pugnale in un'altra, in un due feroci fendenti che si intersecavano fra loro. La copia sarebbe sparita presto, mentre il vero Ailhad, salvo imprevisti, era assetato di disattenzioni o confusioni da parte degli avversari per infierire su di loro.
     
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