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God Save the Quest - per Aldrein

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  1. Aldrein
     
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    Oscurità. Oscurità ovunque, mi circondava, mi opprimeva, mi soffocava. Un'oscurità completa che mi avvolgeva col suo cupo abbraccio, accogliente mondo di quiete e silenzio e spaventoso ignoto dove il pericolo può giungere in ogni istante. Ero disperso nelle più intime profondità del mondo sotterraneo, ormai lontano anche dai più remoti avamposti dei nani e dei drow, smarrito in un mondo dal quale vengono solo miti e leggende cupi e sanguinolenti, inquietanti favole di demoni crudeli e necromanti perversi sono le uniche narrate dai cantastorie su quelle ignote profondità. Si dice che la paura del buio sia la pura dell'ignoto, ma in quelle oscure gallerie l'unico sentimento che sopravvive è il terrore: terrore di non vedere mai più la luce, terrore di morire di fame per l'impossibilità di trovare del cibo, terrore di incontrare una di quelle spaventose leggende, terrore di incappare nella stessa Shiida, la sadica madre della morte, terrore di essere trascinati in un mondo folle e crudele di dèmoni affamati solo di carne vivente. Gli artigli di Nieve affondavano nella mia spalla, lei, nobile rapace abituato a volare nell'alto dei cieli, doveva soffrire ancor più di me quella soffocante oscurità.
    Un lume lontano era tutto ciò che vedevo. Luce a quella profondità, com'era possibile? Era davvero un lungo tunnel verso la superficie, e il buio così intenso che anche il più piccolo bagliore giungeva fin lì, o era un miraggio creato dai miei occhi e dalla mia speranza di fuggire da quel mondo oscuro, o forse ancora un'esca posta da entità malevoli per attirare disgraziati in cerca di fuga? Non mi importava. Aggrappato ad una speranza più fievole di quella piccola luce mi lasciai le ombre alle spalle e mi incamminai.
    Mai saprò quanto ho camminato nell'oscurità, seguendo quella lontana speranza, talvolta convinto di vederla avvicinare, altre di vederla affievolirsi come la luce di una candela ormai esaurita. Mangiai dalle poche razioni che avevo, dormii, credo. Ma anche i miei sogni ormai erano incubi neri in cui solo una lucina esisteva. La mia pazienza fu messa a dura prova insieme al mio senno. Ormai nel mondo esisteva solo quella pallida luce lontana. E io? Esistevo? Cogito ergo sum. L'unico motivo per cui credevo ancora di esistere erano i miei pensieri. La fame non mi attanagliava, il sonno si mescolava alla veglia in una notte eterna senza riferimenti. Cos'era il tempo lì? Quell'entità che tutti sottomette sulla superficie in quel luogo non aveva ragione di esistere. Come un fantasma continuai, spinto solo dalla determinazione che mi contraddistingueva.
    Ormai quella piccola luce in lontananza era tutto quello che era sicuro esistere in quel posto dove dubitavo addirittura di me stesso. E forse era la cosa che meno esisteva.
    E poi fu la luce. Sbattei le palpebre e riuscii solo a tenere gli occhi socchiusi, abbagliato da quella luce abbagliante alla mia vista ormai abituata al completo buio. Nieve strillò e subito si levò in volo. Mi strofina gli occhi e finalmente riuscii a distinguere qualcosa. Per prima cosa pensai di trovarmi a testa i giù. Mi guardai intorno sbalordito, convinto di trovarmi in un sogno o catturato in un'illusione. Il cielo era immenso, sconfinato, solcato da mille arcobaleni. Ed era verde. Il terreno invece era colorato di un allegro blu cielo. Mi guardai indietro. L'entrata della galleria era una parete rocciosa che non dava a pensare di essere uscito. In effetti non mi sembrava di camminare in salita, e di certo non così tanto da trovarmi in superficie. Ma cosa stava succedendo? In che genere di mondo ero andato a trovarmi?
    Mossi giusto un paio di passi e non feci in tempo a far altro che una sagoma si avvicinò. Aveva le caratteristiche di un elfo, ma mi rifiutai di credere che lo fosse. La pelle era raggrinzita e segnata da rughe, gli occhi pallidi, i capelli che metà mancavano. Camminava male, lento, zoppo. Tutti segni che nelle altre razze indicavano l'avanzare dell'età. La sola vista mi causò una grande rabbia. Io che ero il più vecchio degli elfi, insieme a tutti quelli generati all'alba del mondo, non ero stato neanche toccato dal passare del tempo, come faceva quell'elfo ad essere così ridotto? La nostra razza che più di tutte era perfetta non poteva avere degli esemplari così ridotti. Mi rifiutavo di crederlo. Il vecchio camminò verso di me con quel suo passo esasperante e, senza dire una parola, mi porse un anonimo tubo di legno.

    -Chi sei? E che posto è questo?-

    Provai a chiedere. Nessuna risposta. Tutto quello che faceva era starsene lì fermo e zitto come in un dipinto di un pittore daltonico e completamente pazzo, porgendomi quel tubo di legno. Cosa conteneva? Cosa poteva essere così importante, o così potente da scambiare i colori del cielo e della terra, e soprattutto da far sembrare che ci fosse il cielo a quella profondità? Mosso dalla curiosità presi il tubo dalle mani del vecchio...
     
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8 replies since 7/9/2011, 20:22   127 views
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